Si è appena conclusa la 77esima edizione della kermesse cinematografica più prestigiosa al mondo, con la cerimonia di chiusura che ha regalato emozioni forti. La serata è stata aperta dal ritorno, una settimana dopo la premiere del suo Megalopolis, di Francis Ford Coppola, che ha consegnato la Palma d’oro alla carriera a George Lucas, amico di sempre.
Dopodiché, sono stati annunciati tutti i vincitori del concorso principale, la cui giuria, presieduta da Greta Gerwig, era costituita da nomi di prima classe, come Lily Gladstone, Hirokazu Kore’eda, Nadine Labaki e Pierfrancesco Favino.
Ad aggiudicarsi la Palma d’oro è stato l’amatissimo Anora di Sean Baker, figura chiave del cinema indipendente americano del XXI secolo, di cui la stessa Greta Gerwig è stata protagonista, da attrice prima, da regista poi. Baker è noto al grande pubblico principalmente per il clamoroso Un sogno chiamato Florida, che guarda molto al cinema europeo delle Nuove Onde.
La notizia della vittoria di Baker apre anche, per fortuna, le porte a una distribuzione internazionale capillare, presumibilmente in autunno.
Tra gli altri premiati primeggia Emilia Perez di Jacques Audiard, musical a tinte gangster con protagoniste Adriana Paz, Zoe Saldana, Selena Gomez e Karla Sofia Gascon, tutte e quattro premiate con la Palma d’oro alla miglior interpretazione femminile, unicum nella storia del Festival. Premiato anche il regista del film con il Premio della Giuria.
Il premio alla miglior interpretazione maschile invece va clamorosamente a Jesse Plemons per Kinds of kindness, il nuovo film a episodi di Yorgos Lanthimos, reduce dal successo di Povere creature!, in uscita il prossimo 6 giugno. Plemons sta vivendo da qualche anno un periodo di consacrazioni sempre più prestigiose: prima la nomination all’Oscar per Il potere del cane di Jane Campion, adesso il premio più importante al mondo. Carriera meravigliosa, premio che farà felici quelli che lo seguono dai tempi di Breaking bad.
Vince anche Mohammed Rasoulof, riuscito a scappare dall’Iran, che lo aveva condannato a otto anni di carcere per il suo film, Il seme del fico sacro, definito “sovversivo”, proprio come capitò al suo collega Jafar Panahi a Venezia 2022.
Il premio per la miglior regia, consegnato da Wim Wenders, è stato attribuito a Grand tour di Miguel Gomes, mentre quello per la sceneggiatura è andato a The Substance di Coraline Fargeat, con Demi Moore.
Dulcis in fundo, il secondo premio più importante del palmares è stato portato a casa da uno dei titoli più quotati per vincere la Palma d’oro: All we imagine as light dell’indiana Payal Kapadia, che ha vinto il Grand Prix della Giuria. Si tratta della prima regista indiana a partecipare al concorso.
Il palmares assegnato da Gerwig e colleghe/i denota come l’occhio attento dell’ottima autrice statunitense abbia saputo mettere in risalto pellicole diverse tra loro, per provenienza geografica, genere e portata economica. Gerwig mette a tacere chi per mesi ha accusato il Festival di aver dato le chiavi della Kermesse in mano a una regista che rappresenta “il lato commerciale di Hollywood”.
Chi la pensa così, probabilmente non ha visto cosa ha girato prima di Barbie. Ma soprattutto, la “Hollywood commerciale” ha da sempre avuto spazio ai Festival più prestigiosi, basti pensare all’edizione 2013 di Cannes, quando la giuria fu presieduta da Steven Spielberg, o dal fatto che il premio alla carriera di quest’anno sia andato al creatore della macchina da soldi per eccellenza, Star Wars.
Nota di merito, in chiusura, a chi non ha vinto, Francis Ford Coppola, che a 85 anni ha autoprodotto Megalopolis con 120 milioni di dollari di tasca propria, scegliendo persino di mettersi in gioco, alla sua età e con la sua reputazione, di partecipare in concorso al Festival. Viva Coppola, viva il cinema.
Ora non ci resta fare altro che attendere l’arrivo in Italia di questi attesissimi titoli. Quali sono quelli che attendete di più?