Nella giornata del venti maggio 2025 Mario Martone, regista e sceneggiatore napoletano, è tornato al Festival di Cannes, per la quarta volta in carriera, terza nel concorso principale. Tre anni dopo Nostalgia, il ritorno alla fiction di Martone non convince affatto il pubblico del Grand Theatre Lumière di Cannes.
Fuori è un film in costume ambientato nel 1980 a Roma, ispirato alle memorie di Goliarda Sapienza, autrice de L’arte della gioia, pubblicato in seguito alla morte della scrittrice e adattato in una serie tv nel 2024 da Valeria Golino. La Golino, dopo aver scritto e diretto L’arte della gioia, ha deciso di interpretare Goliarda Sapienza in Fuori di Mario Martone, per chiudere un racconto, un’interpretazione personale della vita e dell’opera dell’autrice catanese.
Nel cast del film, anche Matilda De Angelis ed Elodie, che appare appena.
Il momento della vita di Sapienza cui il film di Martone fa riferimento, è quello a cavallo tra l’incarcerazione di Goliarda e la sua liberazione dal penitenziario romano di Rebibbia.
Goliarda Sapienza appare come una donna accantonata dalla borghesia intellettuale, dai salotti, della Roma Bene di inizio anni ’80, ed è quasi per ripicca che inizia a commettere piccoli furti di gioielli nelle case dei suoi “amici” altolocati, come a sperare di essere vista, in questo modo.
I problemi di Fuori, però, prescindono da questa candida immagine che Martone e la sceneggiatrice Ippolita Di Majo fanno della scrittrice. A conti fatti, risulta quasi che la poetica di Goliarda Sapienza, l’erotismo e il libertinismo espressi ne L’arte della gioia (nel film vediamo l’autrice correggere in continuazione alcuni stralci del manoscritto) non sono pervenuti, nel rapporto di odio e amore con Roberta, il personaggio della De Angelis. Sembra quasi che, per una pura casualità, da un istante all’altro la giovane Roberta (ex compagna di cella di Goliarda) scopra un attrazione al limite dell’edipico nei confronti dell’amica, ben più grande di lei.
Da questo punto di vista, Martone sembra essere spaventato dalle connotazioni omoerotiche che il rapporto a tre tra le protagoniste femminili possa avere. L’impressione è che, ancora una volta, l’industria del cinema italiano non sia pronta a tornare a parlare di erotismo, neppure in un film biografico che, per natura, si presterebbe a tale narrazione.
Quel che resta di Fuori è un ammasso di concetti triti e ritriti, frasi fatte, sul rapporto tossico che le detenute di Rebibbia hanno nei confronti del concetto di libertà (dentro e fuori dal carcere, non v’è differenza).