In inglese “sparare” e “scattare” sono traducibili col medesimo verbo “to shoot”, diventando allegoricamente sinonimi. Non è un caso che Alex Garland (Men, Ex-Machina, Annientamento) metta in prima linea i fotografi di guerra assieme ai miliziani durante l’attentato al Lincoln Memorial prima e al golpe alla Casa Bianca poi.
I fucili dell’esercito scissionista portano morte mentre, al contempo, gli scatti delle due fotografe (Cailee Spaney e Kirsten Dunst) conferiscono immortalità ai caduti. Gli scatti (shoots) sembrano seguire simultaneamente gli spari (shoots) in un processo simultaneo di esecuzione e purificazione.
Le due splendide fotografe di guerra di Civil War rappresentano le due scuole di pensiero in campo visivo, in conflitto tra loro: il personaggio della Dunst, di mezza età, scatta con una camera digitale, a colori, mentre la giovanissima Spaney scatta in pellicola, 35mm, bianco e nero.
L’incontro tra prospettive viene espresso attraverso due generazioni (sconnesse) tramite i formati, quindi mediante approcci radicali alla messa in scena del mondo. Il digitale permette di cancellare gli scatti (shoots) premendo un paio di tasti, ciò che è analogico è indelebile, come la ferita riportata da uno sparo a bruciapelo (shoot).
Inevitabilmente i due formati raccontano due scelte, combacianti a due psicologie divergenti. Scegliere di poter cancellare un errore, vuol dire cedere agli scrupoli morali, immortalare un corpo morente corrisponde a freddezza glaciale. I due approcci alla fotografia, quindi alla realtà, delle due donne raccontano la rispettiva propensione al coinvolgimento emotivo.
La Dunst porta lo stesso nome di una fotogiornalista dei campi di concentramento nazisti, ciò che non potrà mai diventare poiché troppo emotiva. Nel suo lavoro, tentando di inventare una storia visiva per l’umanità, fallisce nell’obiettivo primario: rendere sé stessa l’oggetto dell’immortalità, tramite i propri scatti.
La Spaney al contrario non esita a donare un posto nella memoria collettiva, eterna, al prossimo, anche dinanzi a immagini disumane.
Nella sua distopia/ucronia/parodia Alex Garland immagina degli Stati Uniti che sono stati uniti, un tempo, sotto una confederazione di cinquanta stati, ormai rimasti in due. Il divorzio di un territorio che affonda le proprie radici in schiavitù e genocidi, ai quali si ricongiunge, in un rendez-vous con un’ideologia perversa. Un accordo con le proprie parafilie culturali accettato inconsciamente anche dalle due fotografe.
Non vengono date indicazioni temporali durante il film, che non presenta elementi surreali, nella messa in scena di un road movie ambientato nel Nordamerica spaccato tra fazioni estremiste. Tutto ciò che ci viene mostrato è aderente alla realtà del 2024, come a suggerire che lo scenario della Civil War non dista troppe miglia dal presente.