Questo articolo NON contiene spoiler.
Sei anni dopo Deadpool 2 di David Leitch, il satiro rossonero torna al cinema con il terzo capitolo dedicato alle sue gesta (primo targato Marvel Cinematic Universe). Il titolo, commercialmente corretto, Deadpool &Wolverine, si rivela in partenza poco onesto nella sua comunicazione col pubblico: il titolo corretto sarebbe stato Deadpool, Wolverine.
La congiunzione, prevede, in teoria, un affiancarsi a vicenda dei due antieroi, cosa che francamente non avviene mai in questa pagliacciata diretta da Shawn Levy. Deadpool & Wolverine sarebbe stato davvero semplice da strutturare: un protagonista logorroico, con la battuta sempre pronta, scorretto e molesto, affiancato da un antieroe tenebroso consumato dal senso di colpa, si presta a una struttura da buddy-movie.
Gli opposti che si attraggono, fianco a fianco, arrancando in un’avventura sproporzionatamente pericolosa. Questo è ciò che il plot del film suggeriva. Di buddy non si intravede nulla. I due protagonisti sembrano quasi non far parte dello stesso film talvolta. Non c’è convivenza, non c’è sopportazione. Solo continue colluttazioni (seppur ben coreografate) e battibecchi da coniugi cinquantenni in vacanza in Sardegna.
Ovviamente senza la Sardegna, ma col deserto. Scopiazzato da quello degli ultimi due Mad Max di George Miller (quel mentecatto di Deadpool, ovviamente, ironizza sulla cosa facendolo notare al pubblico), senza apportare una minima modifica. Anche il fortino della villain, Cassandra Nova non è altro che una riproposizione in chiave MCU (poi capirete il perché) dei villaggi presenti nel mondo di Mad Max.
Deadpool & Wolverine è inoltre il primo film targato Marvel-Disney vietato ai minori di quattordici anni. La prima ora di film è di conseguenza un susseguirsi gratuito di turpiloqui, coltellate, mutilazioni, allusioni sessuali e battutine meta che bacchettano i film Marvel. Autocritica? No, opportunismo.
Wade Wilson/Deadpool è l’unico personaggio consapevole di trovarsi in un film Marvel e dell’acquisizione della ex 20th Century Fox da parte di Disney, nonché del contesto disastroso in cui riversano i cinecomic MCU. Il protagonista non fa altro che scherzare, rompendo la quarta parete in maniera ossessiva (al punto da sfasciare fisicamente lo schermo della sala con una testata), evidenziando cliché ed errori ripetitivi dei Marvel Movies con una (presunta) ironia sagace.
C’è chi vede della genialità in tutto questo. Francamente, si tratta di una presa per i fondelli all’intelligenza del pubblico. L’”esimio” Kevin Feige, padre-padrone dei Marvel Studios, ha ormai adottato da anni questa linea editoriale: affabulare il pubblico con cretinate che passano per intuizioni sublimi.
Esempio: Spider-Man: No Way Home non è altro che un cinepanettone supereroistico in cui la sagra del cameo regna sovrana: tornano i vecchi cattivi, i vecchi eroi delle precedenti saghe dedicate all’Uomo-Ragno. Oltre quello, il nulla. La morte dell’epica supereroistica. La morte della narrativa basilare per la crescita di un parco personaggi giunti al terzo capitolo di una trilogia (con riferimento particolare a Peter Parker/Tom Holland). Quel polpettone di No Way Home passa per colpo di genio. Per cosa? Per aver messo insieme una serie di brand passati e presenti, mettendo al mondo un obbrobrio frutto del mero fan service.
Deadpool & Wolverine segue il medesimo spartito (Paganini non ripete? Ripete, ripete eccome!), convincendo il pubblico che Deadpool, il Gesù della Marvel (parole sue, non di chi vi scrive) sia un fine umorista, che porta una ventata di folgorante meta-autocritica in casa Marvel. Tutto splendido. Domanda fondamentale. Il film di Shawn Levy, esattamente, fa qualcosa per provare a variare quei cliché tanto vituperati da Deadpool? Assolutamente, segue per filo e per segno la carta conosciuta (e disprezzata dal pubblico).
Pubblico che però, a quanto pare, ha bisogno davvero di poco per non vedere la montagna di polvere sotto al tappeto. Operazioni creative del genere, in tutta onestà, feriscono il cinema, editorialmente parlando. Criticare i propri errori, per poi riproporli consciamente, è tanto scaltro quanto infantile. L’MCU post-Avengers: Endgame è il disegno scarabocchiato di un bambinone, Feige, che tenta di sostituirsi ai veri creativi: sceneggiatori e registi.
Sulla figura di Logan/Wolverine meglio non proferire parola. Si è fatto di tutto pur di stuprare con indicibile violenza – in senso quasi letterale – il cadavere del Logan targato X-Men/Fox. Un Logan, che ha raccontato con splendore epica ed etica dell’antieroe nel cinema supereroistico e che è, senza esagerare, storia del pop legato all’audiovisivo contemporaneo.