Memori dei disastrosi film hollywoodiani dedicati a Godzilla usciti negli scorsi anni, Godzilla Minus One è una manna dal cielo. Si tratta infatti del nuovo film Made In Japan della saga, dopo tre lungometraggi di animazione usciti su Netflix.
In questa nuova versione Godzilla torna a essere devastante. Distrugge una città intera in pochi colpi, butta giù navi corazzate come fossero mosche, ma soprattutto torna a essere il terrore di una nazione.
Godzilla è da sempre per i giapponesi una metafora delle catastrofi di Hiroshima e Nagasaki e della profonda crisi identitaria, religiosa e di valori scaturita dalla tragedia del 1945. Minus One è infatti ambientato nel dopoguerra, tra il 1945 e il 1947, quasi un decennio prima del primo film della saga.
La guerra è terminata da qualche anno, i centri abitati distrutti dai bombardamenti stanno risorgendo, vivendo una vera e propria rinascita economica. C’è speranza in giro per il paese, quando l’attacco del mostro mette nuovamente in stato di allerta il popolo. Per i giapponesi la guerra, spiegano a più riprese i protagonisti, non è mai finita. Molti di loro vivono obbligandosi di ricordare i corpi, i compagni caduti, immaginando la propria morte, alla quale sono scampati.
Il protagonista del film è proprio un pilota di un caccia kamikaze che si è sottratto al sacrificio per la paura della morte. Il disonore lo accompagnerà a vita, affrontare Godzilla rappresenta per lui una seconda chance di onorare il suo paese.

La posizione geopolitica del Giappone inoltre costringe l’esercito a doversela cavare in autonomia per sconfiggere il Godzilla. Gli Stati Uniti non vogliono intervenire militarmente per non scatenare l’ira dell’URSS, quindi il governo nipponico sceglie di stare in silenzio.
Durante la guerra l’imperatore aveva più volte condannato al massacro i suoi soldati e i suoi sudditi, dopo la guerra, contro la minaccia kaiju, il governo fa lo stesso, rimanendo immobile davanti alla crisi.
Gli eroi del film diretto da Takashi Yamazaki affrontano la sfida come se nulla fosse, come a suggerire quanto scritto poche righe fa: sono sempre rimasti sul campo di battaglia, per loro non c’è stata resa, la guerra è ancora in atto.
In questa costruzione c’è spazio quindi per riflettere sul Secolo Breve della storia giapponese e su ciò che ne ha conseguito, con un Godzilla che dopo il primo attacco a metà film passa alcuni secondi a osservare fungo di fumo nato dal suo raggio laser atomico, come Oppenheimer che osserva l’esplosione della Bomba A.
Ma (c’è un grosso ma) i personaggi non sono all’altezza dell’allegoria alla base. Gli attori sono diretti come se fossero personaggi di un anime, sopra le righe in ogni atteggiamento che assumono. La sceneggiatura poi tocca vette didascaliche sinceramente evitabili anche per un film di questa portata.
L’opera sceglie di affrontare tematiche, per i propri eroi umani, dure, come la paura per la morte, il disonore, il lutto, l’ossessione senza però osare fino in fondo nel dar vita a una drammaturgia matura, che bilanciasse un comparto tecnico a dir poco spettacolare.
Nota a margine: il film è stato realizzato con poco meno di quindici milioni, cifra misera, ma il risultato è glorioso.