Nel nuovo film di Yorgos Lanthimos quattro protagonisti giocano, come attori di un teatro itinerante, a scambiarsi i ruoli di episodio in episodio.Il filo rosso, tematicamente, tra i tre segmenti è più identificabile in una presenza, quella del personaggio ricorrente che, presente in tutte le storie, conferisce il nome a ognuna di esse: RMF.
RMF potrebbe voler significare molte cose, o forse nessuna. Più verosimilmente potrebbe essere l’acronimo di Random Motherfucker, ovvero Stronzo a caso. Un personaggio che non recita mai una battuta, con un’espressione confusa che gli si legge in volto ogni qual volta lo incrociamo. Eppure, sono le sue azioni a innescare le vicissitudini dei tre episodi, che sono sì, come il titolo suggerisce, tre forme di gentilezza, seppur ambigue.
La morte di RMF
Il primo episodio segna il ritorno del regista greco alla forma e alla narrativa che più gli si addice, quella di Alps e Il sacrificio del cervo sacro, fatta di esistenze stantie vissute da personaggi asettici, glaciali, scosse inesorabilmente da intromissioni divine.
Nel primo episodio Jesse Plemons è il brillante impiegato di un’azienda, amministrata da Willem Dafoe, che qui è padre-padrone. Un ricco imprenditore che si divertire ad amministrare le vite dei suoi dipendenti, che divengono adepti, come anche nel terzo episodio del film.
Plemons/Robert è un signor nessuno, forse terrorizzato dall’idea di finire col diventare un qualunque impiegato senza pretese di carriera, corrotto e abbindolato da un datore di lavoro disposto a dargli in mano le chiavi di un futuro da borghese economicamente realizzato. Ha una moglie, una bella casa, cimeli sportivi di rara importanza, come il casco indossato da Senna a Imola nel 1994, un bel lavoro e un ufficio in cima a un grattacielo.
Ognuna di queste cose, però, non sono state scelte da Robert, ma da Dafoe/Raymond. Robert non sarebbe in grado di fare due passi senza essere guidato lungo il marciapiede. È un cane, a suo agio solo se legato a un guinzaglio. La più grande forma di libertà, racconta qui Lanthimos, sono le catene.
La decisione di Robert di rifiutare uno dei compiti assegnati da Raymond lo porterà a perdere il suo privilegio, impazzendo, nella sua incapacità di vivere.
RMF sta volando
Una biologa fa il suo ritorno in civiltà in seguito a un naufragio. Suo marito però, non è in grado di riconoscerla, autoconvincendosi del fatto che si tratti di un’impostora, siccome, tra i tanti indizi, nota che le sue vecchie scarpe sono troppo strette per i suoi piedi, sono più lunghi.
In Cenerentola dei fratelli Grimm la vera donna oggetto del desiderio, la donna perduta, è riconoscibile solo grazie alla prova della scarpetta di cristallo. Le sorelle, non riuscendo a calzare la scarpetta, si tagliano via i talloni pur di riuscire nel loro intento. Qui Lanthimos ci va vicino, con il pollice al posto del tallone.
La seconda forma di gentilezza racconta la ricerca di una propria verità del rapporto di coppia, che passa attraverso un femminicidio, camuffato da suicidio.
Osserviamo la storia dal punto di vista dell’uomo della coppia, mai da quello della moglie, se non in una scena al termine dell’episodio in cui confessa di essere stata picchiata dal marito a un medico.
Il marito considera una ninfomane appena rientrata a casa dal naufragio, non accetta il suo cambiamento, il suo libertinaggio, quindi decide di raccontarsi che sia un’impostora, portandola poi al suicidio, mediante prove d’amore.
La soluzione per far tornare la “vera” Liz è proprio quella, uccidere quella falsa. Il ritorno della sua Liz, mostrata di fianco al cadere del suo doppio, è una rappresentazione visiva del punto di vista di un uomo violento, di un femminicida: pone fine alla vita della compagna per vendicare l’immagine “pura” e in catene che ha di lei.
RMF mangia un sandwich
Lanthimos, nell’omaggiare il post-surrealismo di Luis Buñuel de Il fascino discreto della borghesia, capisce di dover essere audace, per reggere il peso dell’omaggio al maestro.
Il surrealismo che guarda alle sfavillanti, ampie, empie casa borghesi, necessita di ferocia nei confronti della società a esso contemporanea. Quindi Lanthimos decide di mettere tutto ciò che teme, o che disprezza, della borghesia hollywoodiana, in questo episodio.
Questo è l’episodio della setta, in cui gli adepti possono avere rapporti erotici solo coi due leader del culto, che riprendono Jeffrey Epstein e consorte, o Harvey Weinstein, per intenderci. Una setta nella quale gli adepti bevono solo acqua santa purificata dalle lacrime amare dei due leader. Una setta che è in cerca di una seconda venuta di Cristo, una donna in grado di resuscitare i cadaveri.
Il personaggio di Emma Stone abbraccia il culto abbandonando figlia e marito, il quale però approfitterà di un incontro casuale per violentarla. È lì che la donna verrà cacciata dalla setta. Non può più farne parte sicché impura, contaminata da un altro uomo.
Una società in miniatura, apparentemente idilliaca, in cui una donna vittima di violenza sessuale viene considerata impura, contaminata, quindi lasciata fuori dal cancello del loro regno, come il cancello all’ingresso di uno studio di Hollywood.
Conclusioni
Nel suo grande ritorno a un “surrealismo represso”, Lanthimos tripartisce l’animo del suo ennesimo grande film, raccontando tre storie di allontanamento e riconciliazione. I contrari si abbracciano e si scontrano, come “amore e odio” in Fa’ la cosa giusta del grande Spike Lee. E tra un braccio di ferro e l’altro, i personaggi di Lanthimos, che qui tornano a essere burattini come un tempo, si barcamenano nel tentativo di tornare a casa, trovando però nel bel mezzo del tragitto, solenni manifestazioni divine.