Home » Shadow of fire – l’ombra di fuoco del declino
Shadow of fire di Shin’ya Tsukamoto è stato presentato in anteprima nazionale alla rassegna Venezia a Napoli, giunta alla sua tredicesima edizione.
Relegato alla sezione Orizzonti della Mostra del Cinema di Venezia, si conferma una delle poche certezze di questa ottantesima edizione. Il maestro del cyberpunk nipponico torna a parlare di Seconda Guerra Mondiale, in questo caso ritrae il dopoguerra attraverso gli occhi di un bambino.
In novanta minuti Shadow of fire declina gli effetti del conflitto mondiale e del declino dell’impero giapponese in quattro dimensioni. Il bambino protagonista non ha diritto a un’innocenza, lavora come sguattero presso alcune bancarelle per permettersi qualche ricompensa e porta con sé una pistola per difesa personale. La donna che lo ospita nel primo atto del film invece è costretta a vendere il proprio corpo poiché rimasta sola.
I personaggi che invece hanno vissuto le trincee in prima linea sono l’immondizia della propria comunità. Gli ex soldati vengono scaricati in dei ghetti, sotto ai ponti, nei vicoli più bui del villaggio, come tanti morti viventi, logorati dai disturbi da stress post-traumatico. Altri invece, i più lucidi, vivono di rancore e attesa per la vendetta personale.
Tsukamoto nella sua opera fa fatica ad avere speranza, tanto nell’individualità dei suoi personaggi quanto nei rapporti che si sviluppano tra loro. L’abbandono è l’unica chiave di lettura ammissibile, nel bene e nel male. Tutti sono chiamati (e tenuti) a lasciar andare, o a lasciar perdere.
Al termine della visione la domanda che sorge spontanea è una ed è ineluttabile: dov’è l’orizzonte? Dove bisogna rivolgere lo sguardo per scrutarlo?
Il regista originario di Tokyo non è tenuto a svelare le soluzioni. Forse, data la natura pessimistica del film, queste possono risiedere soltanto nelle menti di coloro che tra il pubblico vorranno essere clementi, e non carnefici, nei confronti dei personaggi reali, ma non realisti, di Shadow of fire.
Probabilmente la speranza è il mezzo stesso attraverso il quale la storia prende forma: il cinema. Solo la settima arte potrebbe concedere la grazia alle storie realiste, ma non reali, di cui sopra. Ma qui, apparentemente, non c’è spazio per la magia del cinema, anzi. La via di fuga è proprio oltre la proiezione del film. La fuga dal tormento di un’epoca e di una generazione devastata dalla caduta di ogni certezza e di ogni valore, religioso, istituzionale, ideologico, è concessa solo al di là del cinema.
© 2023 World Culture - Testata Giornalistica registrata al Tribunale di Napoli (Registrazione n. 33 del 21/07/2022)
Gruppo Editoriale: Lumos - Animalsland - Findyourtravel - Foodando - Nearfuture
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