Joker: Folie à Deux sta spaccando in due il pubblico, in seguito alle prime proiezioni alla Mostra del Cinema di Venezia. Tanta frustrazione aleggia nell’aria e il motivo risulta facile da dedurre.
Il sequel del campione d’incassi del 2019, con protagonisti Joaquin Phoenix e Lady Gaga, basa la propria sapiente struttura narrativa su sottotesti che “demoliscono il mostro” creato da fan e hater del primo Joker.
Il grande ritorno di Arthur Fleck nei panni del principe dei clown ritorna costantemente su riflessioni inerenti al doppio, a partire dal titolo, che allude a una condizione psichiatrica di co-dipendenza affettiva tra soggetti schizofrenici. Due, sono le location principali del film: il tribunale di Gotham e il manicomio criminale di Arkham. Fleck è internato da molto tempo, vive anestetizzato, sotto farmaci. Le risate che contraddistinguo la sua personalità, sono ormai un lontano ricordo.
Il percorso tracciato da Todd Phillips e Scott Silver in sceneggiatura è sorprendente, sbalorditivo nelle sue diramazioni nelle battute conclusive del film. L’arrivo di Lee (Lady Gaga) nella vita di Arthur stimolerà la sua fervida (seppur deviata) immaginazione, iniziando a vedere il mondo come un grande palcoscenico. Da qui l’intuizione di rendere Joker: Folie à Deux un musical. Si tratta di un musical grezzo, la cui spettacolarità nella messa in scena cresce e si espande come un incendio, rapidamente, contemplando comunque una rigorosa gradualità.
Il titolo Folie à Deux non allude a Lee/Harley Quinn, bensì ad Arthur e Joker, le due identità del personaggio interpretato dal solito, gigantesco Joaquin Phoenix. Todd Phillips porta il protagonista leggendario del primo capitolo in un mondo nuovo, intimo, in cui poterlo ribaltare come un calzino, inteso al contempo sia nell’accezione fisica che psicanalitica dell’espressione.
Il Joker è ormai visto come un martire dal popolino di Gotham, un simbolo della lotta al potere corporativo e mediatico. Arthur, nella più macbethiana delle declinazioni, viene convinto ad accettare il proprio destino di icona crime (e quindi icona pop), in un 2024 in cui Massimo Bossetti ha una serie tv su Netflix e Jeffrey Dahmer è l’idolo dei ragazzini grazie alla serie tv a lui dedicata. Joker/Fleck entra a far parte del club.
In quest’ottica, la Lee interpretata da Gaga svolge il ruolo di personaggio “al di là” del testo filmico. Lee rappresenta il pubblico del film, ossessionata dal volto del Joker di Phoenix, che lo sfrutta nell’ambito di manifestazioni, come simbolo di ribellione. Il vero colpo di genio di Joker: Folie à Deux passa attraverso una presa di consapevolezza da parte di Arthur. Rispetto alla fitta nebbia di miserabilità che avvolge la sua vita.
Il primo capitolo era un melodramma nella sua prima ora, coerentemente all’alieno sociale che era (ed è ancora) il protagonista. Il terzo atto del suo sequel, lo riporta alla ragione, sbattendo in faccia alla corte (e al pubblico in sala) la verità:
Joker non esiste, Joker è un simbolo frutto della frustrazione del ceto abbiente, Joker è un oggetto. Di Arthur, non importerà mai a nessuno.
La componente musical, è semplicemente spettacolare, cinema allo stato puro. Il frullato di illusioni (private, che diventano pubbliche) di un uomo alla deriva, mercificato.