Unico tra i film francesi capaci di convincere (vagamente) alla Mostra del Cinema di Venezia, The quiet son dei fratelli Coulin, racconta il rapporto conflittuale tra un padre single (Vincent Lindon) e i suoi due figli. Fus, il primo figlio, è il reietto, la pecora nera del piccolo nucleo familiare: non è diplomato, no ha ambizioni lavorative di alcun tipo. Il figlio minore invece, è cresciuto a immagine e somiglianza del padre ed è prossimo a iniziare l’università presso l’elitaria Sorbona di Parigi.
Fus, frustrato da un’esistenza trascorsa all’ombra di suo fratello, si avvicina a un gruppo di fascisti locale, a Metz in Lorena, scatenando le manie di controllo del padre.
The quiet son conferma l’immensità del Vincent Lindon attore e attivista. Ormai Lindon è uno dei pochi rappresentati (ideologicamente schierati) del cinema di impegno civile, à la Gianmaria Volontè, per intenderci.
Il dramma familiare dei Coulin convince per la propria semplicità nella messa in scena: tre stanze, tre personaggi in perfetta simbiosi recitativa, sceneggiatura di ferro. Va tuttavia ammesso come il “ferro” di cui si avvale la sceneggiatura, risulta un tantino scadente. Nella misura in cui il protagonista, ritrovatosi dinanzi a una decisione a metà tra affetti e ideali, sprofonda sotto cumuli di paternalismo, in una deposizione in tribunale tra le più asettiche degli ultimi anni.
L’essenzialità di un racconto a cavallo tra teatralità e dramma realista funge da cuore per la macchina pulsante di The quiet son. I continui confronti/conflitti tra padre e figli, alla ricerca di un tentativo di ridefinire la dimensione morale di un ragazzo sulla cattiva strada. L’intuizione di usare il figlio fascista come personaggio meramente funzionale alle dinamiche narrative, funziona però in parte.
Ascoltare Fus parlare con suo padre, dà spesso la sensazione di star ascoltando un comizio politico di una cellula di centro-destra del panorama elettorale francese. I luoghi comuni, convincono quando portati a convergere con la figura centrale nell’affresco di The quiet son: il padre. Certi confronti, paradossalmente, servono più a far crescere il papà, che non a esasperare un rapporto fatto di due individui.
Ciò di cui avrebbe avuto bisogno l’opera, sarebbe stata una presa di posizione dura nei confronti dei fascisti che appaiono di tanto in tanto, tormentando Fus, ormai immerso nell’ideologia da quattro soldi.
Un confronto finale in stile Gran Torino di Eastwood, sarebbe stato gradito, per capirci.