Un film accompagnato da strascichi di polemiche primaverili, quello di Jim Jarmusch. Father Mother Sister Brother avrebbe dovuto infatti essere presentato in concorso al Festival di Cannes lo scorso maggio, secondo i principali insider hollywoodiani.
Per mesi, dozzine di speculazioni hanno accompagnato l’uscita cinematografica di Father Mother Sister Brother, sostenendo che il rifiuto cannense fosse dovuto alla scarsa qualità dell’opera.
Per la prima volta nella sua vita, presenta, in concorso, un film alla Mostra di Venezia. E, come volevasi dimostrare, le speculazioni degli ultimi mesi sono cadute come tessere di un domino, perché il ritorno di Jim Jarmusch alla macchina da presa è sensazionale.
Father Mother Sister Brother è un’opera episodica, interpretata da Adam Driver, Tom Waits, Mayim Bialik (episodio Father) Cate Blanchett, Vicky Krieps, Charlotte Rampling (episodio Mother), Indya Moore, Luka Sabbat (episodio Sister Brother), volti ricorrenti e inediti del cinema di Jarmusch.
L’opera è incentrata su tre incontri che riuniscono attorno a un tavolo tre famiglie disfunzionali, in cui i rapporti tra genitori e figli sono ormai incrinati. Come da abitudine nel cinema di Jarmusch, questo disagio è raccontato attraverso lo humor dissacrante tipico della sua cifra, senza mai concedere ai conflitti di assumere connotazioni brutali.
Nei primi due episodi, il the accompagna le disagiate conversazioni tra i familiari riuniti, che puntualmente si interrogano sugli aspetti più irrilevanti della convivialità (una battuta ricorrente è “ma si può brindare con il the?”), come fossimo in un dramma contemplativo di Yasujiro Ozu, maestro del cinema trascendente, una delle contaminazioni più esplicite del cinema di Jarmusch (al posto della cinepresa ad altezza tatami, abbiamo quella ad altezza tavolino, in Jarmusch). Come nei drammi d’interni di Ozu, Jarmusch osserva ossessivamente lo scorrere del tempo, che ingigantisce la vacuità delle relazioni umane.
Lo sguardo critico verso le tragedie umanistiche della modernità, congiunto all’osservazione dei momenti irrilevanti della quotidianità, creano l’affresco jarmuschiano di Father Mother Sister Brother.
Se nella concezione hollywoodiana classica un racconto deve far esplodere un conflitto entro la fine del primo atto, nelle sceneggiature di Jarmusch il conflitto non arriva mai. Potremmo quasi ipotizzare, per assurdo, che il conflitto nelle sue creazioni risiede al termine dei titoli di coda, quando lo sguardo indiscreto dello spettatore abbandona le vite dei protagonisti.
Eppure, nell’imbarazzo generale della tragicommedia umana, una luce ci mostra la via maestra per la commozione: il primo episodio, mostra un padre che finge di essere ciò che non è, un uomo di terza età in balia degli acciacchi e di una lucidità che lentamente va’ svanendo. Un divertissement volto a mostrarsi vulnerabile, pietoso, agli occhi dei figli, come se meritassero di avvertire quella stretta allo stomaco.
Nel secondo episodio, il più teorico, Jarmusch critica la natura stessa del suo cinema, stuzzicando gli hater della sua cifra stilistica: le tre protagoniste sottolineano continuamente il fatto che il tempo non stia scorrendo, come bloccate in un eterno disagio comunicativo (“Che bello stare insieme, ragazze! Il tempo con voi vola!” , “Ma mamma, siamo appena arrivate”).
Il terzo episodio invece, è quanto di più inaspettato. Jarmusch cancella il genitore. Sister Brother ricongiunge due gemelli afroamericani che stanno per visitare per l’ultima volta l’appartamento dei loro genitori, defunti da poco. Ma non si odiano. Il disagio dei due capitoli precedenti si scioglie in un’effusione di malinconia, nel capitolo conclusivo.
Sister Brother rinnega la rigorosa osservazione della stasi jarmuschiana, per concedersi a un pianto disperato. Gli spazi vuoti, raccontano il dramma interiore dei due ragazzi, la scenografia fa’ da padrona. Come se per una volta nel cinema del maestro, il tempo fosse inspiegabilmente scorrevole, impossibile tenergli testa. La desolazione emotiva risiede nella messa in scena dello spazio vuoto: un appartamento parigino ripulito degli effetti personali dei due coniugi.
Il tempo scorre in maniera diversa anche per gli asettici eroi del cinema di Jarmusch, quando l’amore tra due fratelli è lì a colmare gli spazi vuoti. In un omaggio mozzafiato al cinema francese classico, fatto di dialoghi sensoriali tra corpi scenografici e corpi umani.
Bentornato Jarmusch.












