Calcinculo di Chiara Bellosi (esordio alla regia) è stato disponibile su Mubi fino a qualche settimana fa, dopo aver convinto la critica lo scorso anno al Festival di Berlino. In tutta onestà la buona accoglienza ricevuta dal film desta perplessità, come minimo.
La storia è quella di Benedetta, quindicenne che abita con le due sorelline e i genitori in un appartamento di modeste dimensioni nella periferia di Roma (ma guarda un po’). Il focus del film è il voler riflettere sui disturbi alimentari e sul rapporto tossico che la giovane protagonista ha col cibo. Si sente (così pare, ma non traspare) incompresa, i suoi disagi vengono liquidati da una madre troppo concentrata sulla propria di frustrazione e da un padre inesistente.
L’unico spiraglio di apertura verso il prossimo per Benedetta è Amanda, una ragazza trans che gestisce un luna park insieme alla famiglia. La domanda sorge immediata: chi ha un luna park in una provincia italiana? Nessuno mette in dubbio che possano essercene, ma francamente qui sembra che si stia cercando di americanizzare il nostro immaginario, ma anche qui, nulla di nuovo sul fronte occidentale.
Siamo dinanzi all’ennesimo esordio alla regia ambientato nella periferia romana, quando soli due mesi fa Alain Parroni (anch’egli esordiente) aveva presentato a Venezia e nei cinema italiani il suo Una sterminata domenica. Questa visione romano-centrica del cinema italiano a basso budget sta sinceramente stancando. Ma non è di certo una novità produttiva, inutile a spiegarlo. È dagli albori del neorealismo che l’industria gira in questo modo. Da Pasolini ai D’Innocenzo, passando per Caligari.
Per quanto il voler elaborare la propria prospettiva su temi/ambienti ricorrenti in un filone narrativo possa avere qualcosa di interessante, in questo caso la periferia romana sta diventando una barzelletta. Sembra quasi che gli autori tra le nuove leve stiano cercando di fare a gara a chi si mette maggiormente in ridicolo.
La periferia raccontata dalla Bellosi è asettica. Non c’è nulla che la renda caratteristica, che siano elementi realisti quanto componenti fiabeschi. Il luna park e le diversità dovrebbero rappresentare l’elemento di contrasto tra personaggi e contesto e che concede loro un’espressione di libertà? Assolutamente no, non così almeno. Il “male”, l’attaccamento alle tradizioni e alla monotonia tipiche del racconto periferico, in Calcinculo non sono pervenuti.
Questa benedetta periferia non è un luogo austero, è un semplice luogo dove vivere come tanti altri, non ha caratteristiche che respingono la protagonista. O meglio, il film tenta anche di raccontare il bullismo cui la protagonista va incontro, ma nel concreto ciò che viene mostrato è un bambino (che recita malissimo una singola battuta) che apostrofa Benedetta con appellativi che non offenderebbero nessuno nella vita vera, per quanto involutamente buffi.
Unica nota positiva, Andrea Carpenzano nel ruolo di Amanda. Personaggio stereotipato, interpretazione credibile, come sempre quando si parla di Carpenzano.












