Coup de chance è forse un titolo riduttivo per l’ultima opera di Woody Allen, che per il pubblico è stato più un Colpo di fulmine.
L’ennesima fatica del cineasta newyorkese arriva dritta al cuore senza passare per la gabbia toracica. Proprio come un amore di gioventù: alimentato da un sentimento indomabile.
La storia di Alain e Fanny, i due splendidi protagonisti alleniani fino al midollo, è quella di due trentenni che dopo anni di vuoto si rincontrano per caso a Parigi, instaurando una relazione amorosa. Lei è sposata con Jean, ricco finanziere parigino immischiato in loschi giri di danaro.
La storia dei due amanti sa di ventata d’aria fresca perché è di un sentimento candido e innocente di cui si parla, un fiore appena sbocciato, le cui radici sono state piantate nel rimpianto di una vita insieme che sembrava impossibile. L’essersi ritrovati dopo tanti anni per casualità, quella è l’acqua con cui il loro amore viene innaffiato.
Coup de chance non è la solita storia d’amore, come Allen ci ha da sempre abituati. È una storia d’amore che passa per la malinconia. Rivivere il primo amore a trent’anni, sentendo di poter spostare le montagne senza badare alle conseguenze delle proprie azioni è una forma di libertà che solo il cinema può rendere verità, purtroppo. Storie del genere possono funzionare solo in una sala buia in mezzo a una platea gremita di sconosciuti.
La magia del Cinema pervade il film di Allen, proiettando, letteralmente, il sogno lungo un giorno di una coppia nel pieno della propria primavera emotiva.
Le atmosfere parigine fanno da contorno all’amore fugace tra i due ragazzi che si amano. Il tutto colorato dalla maestosa fotografia (in pellicola 35mm) confezionata dal più grade autore della cinematografia di tutti i tempi, Vittorio Storaro. Il maestro è stato accolto dal pubblico della Sala Grande della Mostra del Cinema di Venezia con un boato da stadio. Ricorda il lavoro svolto cinquant’anni fa su Ultimo tango a Parigi di Bertolucci, tanto quanto Apocalypse now per l’utilizzo spasmodico di luci gialle.
Allen e Storaro non hanno funzionato mai così bene insieme.

Tuttavia, la storia si sposta su binari diversi nella seconda metà, prendendo una piega investigativa, altro tema ricorrente del cinema di Allen. Il giallo sopra le righe di Coup de chance lascia respirare lo spettatore quanto basta, facendogli pesare l’assenza della filosofia genuina della prima metà, mettendo da parte il rapporto tra Alain e Fanny, soffermandosi unicamente su quest’ultima in rapporto al marito e alla madre, personaggio clamoroso.
In un certo senso il film, seguendo sempre il punto di vista di Fanny, scappa dalla filosofia per rifugiarsi in situazioni in cui non è necessario impegnare troppe energie mentali. Fanny si lascia andare di nuovo alla vita coniugale mettendo da parte il sogno romantico con Alain e la narrazione di Allen la segue a ruota.
La commedia resta al passato, stavolta Allen torna sullo stile di Matchpoint e Manhattan, adagiandosi sul sentimentale. C’è in generale più pessimismo del consueto in Coup de chance, sebbene l’epilogo cerchi di addolcire le papille gustative di Fanny e degli spettatori.
La morale che il regista ottantasettenne ci regala per celebrare il suo cinquantesimo film è dolce però. Vivere la vita per quello che è: un colpo di fortuna a prescindere dalle conseguenze, è l’essere venuti al mondo il vero miracolo per cui val la pena andare avanti, al di là del bene e del male.