L’uragano Ferrante si è abbattuto su Netflix e questa volta non risparmierà nessuno.
La Vita Bugiarda degli Adulti è l’adattamento dell’ultimo best seller di Elena Ferrante, pubblicato nel 2019. L’enorme impatto culturale esercitato da L’Amica Geniale non ha lasciato spazio per i dubbi, mettendone immediatamente in cantiere una trasposizione televisiva.
La storia produttiva di Netflix Italia non lascia mai ben sperare in quanto a prodotti di qualità. La Vita Bugiarda degli Adulti non fa eccezione, palesando sin dai titoli di testa una sconfortante pochezza di idee.
Il comun denominatore dei sei episodi che compongono la storia di Giovanna e Vittoria (Giordana Marengo e Valeria Golino) è la superficialità al limite del grottesco con la quale Edoardo De Angelis, autore della serie, affronta l’adolescenza della protagonista in rapporto a una realtà in corso di cambiamento.
Giovanna, adolescente figlia di una famiglia benestante del Vomero, inizia a riflettere sulla percezione che gli altri hanno di lei, in seguito a una frase infelice proferita dal padre, il quale la paragona a sua sorella Vittoria, pecora nera della famiglia.
Il contesto storico è quello della Napoli degli anni ’90, a cavallo tra i quartieri di Vomero, Centro Direzionale, Vasto e Arenaccia.

Difficile salvare qualcosa
Dopo aver scritto e diretto Indivisibili nel 2018, Edoardo De Angelis dirige una serie Indifendibile sotto tutti i punti di vista. Il percorso che lo spettatore percorre è viziato lungo tutto il suo tragitto da una percezione: quella di star guardando una serie tv scritta alla rinfusa.
La Vita Bugiarda degli Adulti non presta particolare attenzione alla verosimiglianza dello sviluppo dei rapporti tra i protagonisti, che al contrario risultano quasi kafkiani: vacui, approssimati, implausibili.
Oltre ai banali problemi di scrittura, il dramma che lo spettatore è portato a vivere durante le cinque estenuanti ore di visione, vi è un problema legato alla recitazione di tutti i personaggi, principali e secondari.
Valeria Golino prova dal canto suo a salvare la baracca, ma è messa a dura prova da una direzione attoriale senza mezzi termini e da un personaggio troppo lontano dalle sue caratteristiche, per “spessore drammatico” e per lingua. Recitare in napoletano non aiuta a farle fare bella figura.
Il personaggio di zia Vittoria vorrebbe (nelle intenzioni) essere mostrato al pubblico come una reinterpretazione delle protagoniste femminili tipiche del teatro di De Filippo: ostinate, malinconicamente sarcastiche, padrone di un mondo che sta sfuggendo loro di mano.
Il contraltare della Golino, Giordana Marengo, qui al suo esordio assoluto, porta a casa una discreta performance, sebbene la regia di De Angelis tenti in ogni modo di farla crollare. Il rischio era quello di bruciare questo giovane talento, buttandola al macello e francamente ci sono andati vicino.
La classe operaia (non) va in paradiso
La ricostruzione sociale degli anni ’90 è forse l’aspetto più involontariamente comico dello show. La borghesia vomerese/posillipina viene espressa facendo indossare a Giovanna e alle sue amiche abiti da accademia di moda più che da bilocale in Via Pigna.
Il contrasto col “proletariato” si manifesta in piercing che rivestono il volto dei ragazzini, in centri sociali che non sanno distinguere il marxismo dall’anarchia e dulcis in fundo in accuse di fascismo con le quali gli uni tacciano gli altri. Tutto è gratuito, nulla è però lecito.
Caos oltre ogni limite
La Vita Bugiarda degli Adulti in un certo senso muore sul nascere, vittima di una direzione artistica caotica e sconclusionata oltre ogni misura.
Le performance del resto del cast (capitanato da Alessandro Preziosi e Pina Turco) seguono, foneticamente, la melodia di una cantilena straziante. In assoluto la musicalità delle sei puntate esaspera involontariamente un conflitto tra suoni e immagini.
In merito all’adattamento, un elemento letterario viene trasposto a schermo con opportunismo. Si tratta degli innumerevoli monologhi interiori della protagonista, dispensando agli spettatori informazioni che non vengono palesate visivamente. Il che si traduce in una sfilza di descrizioni eccessivamente prolisse che sovrastano la narrazione.
La serie tv di Edoardo De Angelis si perde in virtuosismi gratuiti, contesti sociali distorti e conflitti tra adulti e ragazzi insignificanti.
La “bugia” espressa nel titolo, forse, anticipa con un messaggio subliminale il trattamento che verrà riservato al suo pubblico.