“Un simple accident”, questo il titolo del nuovo film dell’iraniano Jafar Panahi. In Italiano, potremmo adattare il titolo in “è stato solo un incidente”, o qualcosa di simile. Panahi presentò nel 2022 il suo Gli orsi non esistono alla Mostra del Cinema di Venezia, vincendo il Gran Premio della Giuria. Non poté però ritirarlo, siccome all’epoca dei fatti era detenuto in un carcere di massima sicurezza in Iran.
Oggi, tre anni dopo, c’è la prima apparizione pubblica di Jafar Panahi, che ha presentato in concorso al Festival di Cannes Un simple accident, girato in clandestinità con mezzi di fortuna, come sempre da vent’anni a questa parte nella sua vita artistica. Si tratta però del primo film di finzione del regista dopo vent’anni dall’ultima volta.
Il motivo? Nel 2010 Panahi ha iniziato la sua lotta (senza speranze) contro il regime iraniano, che di tutta risposta ha emesso un mandato di cattura, accusandolo di “propaganda contro il regime”. Da allora, il maestro iraniano gira i suoi film in una forma a metà tra documentario e fiction, recitando nei panni del protagonista, recitando nei panni di sé stesso, compiendo missioni in giro per Teheran, così da raccontare un paese annichilito dal totalitarismo.
In Un simple accident, per la prima volta lavora soltanto dietro la macchina da presa, raccontando la storia di un ex detenuto delle carceri iraniane che si imbatte, a distanza di anni, nel direttore del carcere, l’uomo che ha rovinato la sua vita, portando sua moglie al suicidio.
L’impianto narrativo parte da questa idea. Un uomo, che si definisce “morto vivente”, dinanzi alla possibilità di consumare la propria vendetta, sceglierà di avere pietà o di uccidere, mettendosi sullo stesso piano del suo torturatore di un tempo?
Panahi scrive, su una base così struggente, una commedia degli eccessi, in cui il protagonista raduna un gruppo di ex detenuti per decidere assieme se l’uomo che ha incontrato e rapito è davvero il direttore del carcere. Varie figure-tipo dell’Iran di oggi compongono il parco personaggi di Un simple accident: una fotografa (colei che si circonda di ottiche (occhi) fotografiche, in un paese che censura l’arte; una coppia di sposi che non riesce a convolare a nozze, simbolo di un paese che non permette di programmare un futuro assieme, un nuovo modello di famiglia; un morto vivente che ha perso sua moglie a causa della polizia segreta; infine, un ex detenuto che fu costretto a pulire per mesi le gambe del suo carceriere.
Jafar Panahi filma un capolavoro assoluto, in cui le speranze di un paese alla deriva sono riposte nelle mani di un gruppo di ombre animate, uomini e donne uccisi ripetutamente durante la propria prigionia. Ciò che sconvolge, film dopo film, nel cinema di Panahi, sta nel bilanciamento irrealistico tra incubi quotidiani (la polizia segreta) e sogni sporadici (una vita da novelli sposi). Panahi racconta questo binomio senza mai risultare retorico o eccessivamente sognante.