Ti West chiude, due anni dopo il dittico costituito da X – A sexy horror story e Pearl, la “X-Trilogy/Trilogia X” con il sontuoso MaXXXine, per voi al cinema dal 28 agosto, distribuito da Lucky Red.
Il terzo capitolo vede il ritorno di Mia Goth nei panni di Maxine Minx, protagonista di X – A sexy horror story, l’aspirante diva di Hollywood famosa per le sue performance nel cinema amatoriale per adulti. Ritroviamo Maxine nella Hollywood del 1985, sette anni dopo i fatti del primo film: il fanatismo religioso dilaga, proteste vibranti fanno da sottofondo alle riprese del film La puritana 2, B-Movie horror di stampo satanista.
Gli anni dell’edonismo reaganiano legittimano forme di fanatismo ideologico che, sino a quel momento, era relegato alle piccole comunità e ai culti dell’America rurale. A metà tra i due mandati del Presidente-Cowboy, i predicatori a caccia di bestie di Satana approdarono nel capoluogo californiano, nella Mecca del Cinema.
Maxine è pronta ad affrontare il suo primo ruolo da protagonista in un film “vero”, lontano dal porno, interpretando la protagonista de La puritana 2, attirando a sé l’attenzione di un fanatico satanista, un serial killer di stripper e dive del porno.
Il citazionismo estremo, nel cinema di Ti West, costituisce una tavolozza piena di colori, che l’ottimo cineasta statunitense sfrutta per dipingere gli sfondi, affreschi dell’orrore, delle sue storie: Lucio Fulci, John Carpenter, Tobe Hooper, David Lynch. Dario Argento, tanto Dario Argento. Ma soprattutto Michael Powell.
Se X – A sexy horror story era una riproposizione di Non aprite quella porta e Pearl si palesava sin dall’inizio come rilettura de Il mago di Oz, MaXXXine parte da un paragone altresì poderoso: L’occhio che uccide – Peeping Tom di Michael Powell, considerato il primo vero slasher della storia.
Le chiavi di lettura testuali si alternano tra loro di “set in set”, contrastando le riprese del satanic-horror La puritana 2 alle riprese snuff che il serial killer effettua nell’immortalare gli attimi in cui pone fine alla vita delle sue vittime. Crea un collage di stadi dell’omicidio analogo alle riprese degli omicidi effettuate dal personaggio interpretato da Carl Boehm ne L’occhio che uccide.
In antitesi al vacuo X – a sexy horror story, MaXXXine riesce a sfamare il suo maniacale regista con citazioni costanti, avvalendosi dell’espediente dell’ambientazione hollywoodiana, senza però, per stavolta, dimenticarsi di raccontare qualcosa.
MaXXXine testimonia le conseguenze dell’ambita ricerca arrivistica della celebrità, tema ossessivamente ripreso dai primi due capitoli. La celebrità, il riflettore, è come una X dipinta sulla schiena, un grosso bersaglio. Costruire un thriller argentiano attorno al mondo degli Studios elabora un pretesto volto a smascherare la vera natura dell’industria dello spettacolo.
Il serial killer che tormenta la protagonista rigenera antropomorficamente lo spettro della Lettera Scarlatta: l’essere marchiati a vita come conseguenza diretta delle nostre azioni impure e anticonformiste. Il serial killer è la morale ipocritamente maschilista della Hollywood degli anni dell’edonismo.
A conti fatti, la Trilogia X dovrebbe essere ribattezzata Trilogia del puritanesimo: un affresco sulle derive perverse delle ideologie para-religiose e del buon costume, attraverso tre decenni del ‘900 americano.