Niente di nuovo sul fronte occidentale ha chiuso la stagione dei premi vincendo ben 4 Oscar su 9 nomination, risultando il secondo film più premiato della serata. Alle sue spalle di Everything Everywhere All At Once .
Il fortunatissimo progetto di Edward Berger targato Netflix ha chiuso il proprio percorso nel migliore dei modi, affermandosi come uno dei fenomeni dell’anno.
Dovendo trarre alcune conclusioni sull’opera, tuttavia, è impossibile non notarne gli evidenti limiti di scrittura. Limiti che fanno da cornice a un dipinto esteticamente valido, ma che precipita nei suoi stessi ideali di buonismo.
Andando con ordine.
La via del realismo
Il film è tratto dal romanzo omonimo di Erich Maria Remarque, autobiografia dell’autore sui suoi anni trascorsi sul fronte occidentale durante il primo conflitto mondiale.
Non si tratta del primo adattamento cinematografico del romanzo. Nel 1930 infatti Lewis Milestone ne trasse il suo film più celebre, sceneggiato da George Abbott, Maxwell Anderson e Del Andrews. Il riadattamento di Edward Berger è stato invece partorito dallo stesso regista insieme a Ian Stokell e Leslie Paterson.
Niente di nuovo sul fronte occidentale adotta un pattern sulla carta valido, raccontando gli ultimi sanguinosi anni della Grande Guerra. Sia dalla prospettiva dei soldati al fronte, che da quella degli uomini di potere intenti a stipulare un armistizio. Il racconto, chiaramente, è narrato dal punto di vista dell’esercito tedesco.
La più notevole delle decisioni prese da Berger per il suo film è senza ombra di dubbio quella di mostrare ciò che Sam Mendes col suo 1917aveva probabilmente dimenticato: dare al proprio pubblico la percezione di star assistendo a un massacro ingiustificato. I campi di battaglia in Niente di nuovo sul fronte occidentale sono governati da fattori sovrannaturali, il caos ne fa da padrone.
Il Primo Conflitto Mondiale rappresentò uno spartiacque nella cultura bellica mondiale. Proprio in virtù dei numeri impressionanti registrati al suo termine: circa 15-17 milioni di caduti, tra militari e civili.
Il 1917 di Mendes si avvale di una realtà “fittizia”, scegliendo di affidarsi a un proprio immaginario, sotto un certo aspetto, non mostrando affatto le pile di cadaveri che il Fronte Occidentale ha ospitato in quei mesi bui. Berger al contrario, sceglie la via del realismo, vincendo, almeno sotto il punto di vista dell’impatto cinematografico.
Questa spietata sequela di eventi angoscianti viene potenziata dalla fotografia di James Friend. Il film fa da manifesto del suo immenso talento in quanto a composizione, scelte cromatiche e movimenti di macchina, sebbene eccessivamente virtuosi alle volte.
Un inferno freddo
I problemi del film, purtroppo però, iniziano a salire a galla sin dalle prime immagini, che cercano sì di demonizzare i carnefici che hanno gettato le vite di milioni di uomini in pasto alla morte, adottando però un punto di vista che va ben oltre il voler essere didascalici.
Niente di nuovo sul fronte occidentale non è altro che il primo iscritto alla lista dei caduti in guerra, un’opera che si lascia schiacciare dall’insostenibile peso delle sue ambizioni. Il risultato ottenuto è ben lontano da quello sperato, con un prodotto finale eccellente nella messa in scena ma completamente insipido e involontariamente ridicolo su quello contenutistico.
L’ultima mezz’ora potrebbe tranquillamente essere riciclata come incipit per qualche barzelletta squallida degna dei cabarettisti televisivi nostrani, che è tutto dire. Prendere sul serio alcuni momenti del film diventa una sfida persa in partenza per il pubblico.
Ciò che più risulta irrisorio, non tanto nei confronti di quest’ultimo, quanto più in quelli delle vittime del conflitto mondiale, sta nel credere di poter raccontare qualcosa semplicemente spiattellando immagini ad alto contenuto di sangue e violenza dritte nell’iride degli spettatori.
La sensazione che il film di Berger lascia sul palato è proprio quella di aver assistito a un pretenzioso esercizio di stile, noncurante del raccontare una storia, piuttosto che di guardare con orrore al conflitto armato più agognante della storia recente.












