The Iron Claw, scritto e diretto da Sean Durkin, racconta la storia della mitologica famiglia Von Erich, la più importante della storia del wrestling, quattro fratelli, tutti lottatori, annientati psicologicamente da un padre ossessionato dalla rivalsa.
Costui, Fritz Von Erich, fu anch’egli wrestler, senza mai riuscire a vincere la cintura del Campione Mondiale di Pesi Massimi. I suoi quattro figli, Kevin, David, Kerry e Michael, sono stati cresciuti, fin dallo svezzamento, con l’unico obiettivo di diventare campioni del mondo, uno dopo l’altro.
Attenendoci al contenuto del film, la parabola dei Von Erich presenta delle analogie con uno dei più celebri miti greci, quello di Crono. Il titano del tempo, che, terrorizzato dall’idea di morire e dover essere sostituito dai suoi eredi, li divorò, salvo poi essere assassinato dall’unico sopravvissuto, Zeus.
Fritz è crono, ossessionato dal tempo che stringe, quello che ha a disposizione per portare in casa sua la cintura da campione del mondo, sfruttando la propria prole. Non importa chi tra i suoi eredi riuscirà nell’impresa. Sono tutti uguali tra loro. L’oro è l’unica cosa che conta.
Il punto di forza del racconto, oltre a questa lettura allegorica, sta nella regia di Durkin, che mette in scena un dramma sportivo di rara perfezione estetica. L’utilizzo della pellicola ad esempio, prima in bianco e nero, poi a colori, oltre al ripetersi delle medesime inquadrature in scene di lotta ambientate a decenni di distanza, denotano inventiva.
Il wrestling raccontato da Sean Durkin è eterno, forse più stantio in verità. Le esibizioni dei wrestler nella sua narrazione dei fatti sono invariate, come lo è il punto di vista, che le ritrae. Una regia monotona per una famiglia condannata alla ripetizione, monotonia, da un padre sterminatore.
Quasi tutti i Von Erich scelgono infatti di ricorrere al suicidio, crollando a uno a uno. Qui vi è il vero punto debole di The Iron Claw. Per mesi in molti si sono lamentati del fatto che in Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese gli osage siano un po’ assenti, al punto da non accorgersi di chi sia il palese autore del loro sterminio.
In The Iron Claw la situazione diventa francamente ridicola, insostenibile. Per dure ore e venti Fritz maltratta i propri figli, portandoli a isolamento, alcolismo, depressione. Gli altri figli, quelli che restano in vita, non si interrogano mai, per anni, sulla natura della violenza psicologica perpetrata dal padre. Si fa fatica a prendere sul serio la faccenda, giunti al secondo suicidio.