Home » Venezia 80 – Bastarden: la terra promessa è ancora lontana
Bastarden rappresenta la Danimarca all’80esima Mostra del Cinema di Venezia. Prodotto dalla Zentropa di Lars Von Trier, vede alla regia Nikolaj Arcel che dirige per la seconda volta Mads Mikkelsen.
La storia è ambientata tra il 1755 e il 1763 in una regione della Danimarca del sud, la Brughiera, terra considerata maledetta poiché sterile. Nessuno in cinquant’anni è mai riuscito a coltivarvi. Un soldato in pensione crede di avere la soluzione al problema e finanzia di tasca propria la riqualificazione della Brughiera, scontrandosi con un tirannico feudatario.
Mikkelsen fa del suo meglio come di consueto, scolpendo sul proprio volto l’apatia e il dolore di un soldato bastardo, un figlio di nessuno che ha scalato le gerarchie dell’esercito danese, volenteroso di scalare anche le gerarchie sociali entrando a far parte dell’aristocrazia.
L’opera è forte di un concept intrigante che però crolla in una visione registica asettica, revisionista e incapace di adottare una chiave “realista” alla ricostruzione storica.
Le lande desolate della Brughiera fanno solamente da sfondo suggestivo a una storia priva di anima, che si appoggia fin troppo a una sceneggiatura “classica” in senso stretto, al cui centro vi è il conflitto tra l’impavido proletario e il perfido capitalista. Cerca di fare della retorica pseudo socialista, ma finisce per consegnare al pubblico una visione del mondo pre-industriale inesatta e raffazzonata.
La narrazione del film prevede vari capovolgimenti di fronte ampiamente prevedibili dagli spettatori, al punto da far sembrare superflue molte sequenze, la cui esistenza è vincolata unicamente al “colpo di scena” che non ha mai nulla di vagamente sorprendente.
In aggiunta, l’intera messa in scena sembra più quella di un videogioco ad alto budget, un incrocio ambiguo tra il western di Red dead redemption e lo storico di Assassin’s Creed III.
Il peccato originale di quest’opera è più produttivo che altro: aver consegnato un mondo e un parco personaggi con del potenziale a un autore che ha, banalmente, “poca mano”. Un po’ come se avessero fatto dirigere Il Signore degli Anelli a David Ayer, per citarne uno.
Il film di Arcel crede di poter riadattare tetiche sociali e ideali contemporanei a un film in costume, finendo però per confezionare un racconto moderno in senso stretto, con i personaggi conciati come tre secoli fa, confusionario è dire poco. Vorrebbe tanto essere La favorita di Yorgos Lanthimos ma finisce per essere solo un film dimenticabile.
© 2023 World Culture - Testata Giornalistica registrata al Tribunale di Napoli (Registrazione n. 33 del 21/07/2022)
Gruppo Editoriale: USB - Animalsland - Findyourtravel - Foodando - Nearfuture
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