Cento anni fa, nel 1923, Maurits Cornelis Escher decide di porre le sue radici artistiche nella città di Roma. Questa scelta si inserisce all’interno di un viaggio in Italia, paese amato dall’artista olandese, che lo vedrà risiedere nella Capitale per ben 12 anni, fino al 1935. Ora, nel 2023, la mostra ospitata a Palazzo Bonaparte, inaugurata il 31 ottobre scorso, e visitabile fino al 1 aprile 2024, offre uno sguardo unico sull’intersezione tra arte e scienza che ha caratterizzato l’opera di Escher. La location accoglie i visitatori in un’esperienza che va oltre la mera esposizione, rappresentando un capitolo importante per chi si accinge a scoprire questa figura di artista unica nel suo genere, ma anche per chi già conosce i suoi lavori.

Escher: artista, matematico, visionario
La figura di Escher emerge quindi come quella di un olandese inquieto, riservato e senza dubbio geniale. Le sue incisioni e litografie hanno l’eccezionale capacità di catapultarci in mondi immaginifici e impossibili, dove arte, matematica, scienza, fisica e design si fondono in un connubio irripetibile. Rivelatosi relativamente di recente al vasto pubblico, Escher ha conquistato milioni di visitatori in tutto il mondo grazie alla sua immediata capacità di comunicare con un pubblico eterogeneo. Le sue opere, che rappresentano un unicum nel panorama artistico, spaziano per una vasta gamma di temi, delineando un percorso che si distingue nella storia dell’arte.
A Palazzo Bonaparte, i visitatori possono immergersi in un evento che non solo presenta i capolavori celebri, ma introduce anche numerose opere inedite, mai viste prima, dando vita a un’antologica di circa 300 opere che abbraccia diverse fasi creative di Escher. Parliamo quindi dell’evento espositivo più grande e completo mai realizzato in Italia.
La mostra: un’esperienza che va oltre la mera esposizione
Ciò che si svela agli occhi dei visitatori a Palazzo Bonaparte è perciò un evento che offre non solo i capolavori iconici di Escher, come la “Mano con sfera riflettente” (1935) e “Vincolo d’unione” (1956), ma anche opere inedite e mai esposte prima. Oltre alle celebri serie come gli “Emblemata”, viene presentata l’intera serie dei “notturni romani” prodotta nel 1934, tra cui “Colonnato di San Pietro” e “Piccole chiese, Piazza Venezia”. Un ulteriore arricchimento è rappresentato dalla fedele ricostruzione dello studio che Escher aveva a Baarn, Olanda, che ospita gli strumenti originali utilizzati dal Maestro e il cavalletto portatile che lo ha accompagnato nel suo viaggio attraverso l’Italia.
Con il patrocinio della Regione Lazio, del Comune di Roma e dell’Ambasciata dei Paesi Bassi, l’esposizione è un imperdibile intreccio tra arte e scienza, dove il visitatore può comprendere le sfumature delle prospettive attraverso interattivi angoli didattici. Il pubblico diventa così protagonista del pensiero che sta dietro la creazione di un’opera, tra geometria, prospettiva e pensiero filosofico. La mostra, curata da Federico Giudiceandrea e Mark Veldhuysen, è una testimonianza appassionante della vita di Escher, offrendo “un’immensa gioia a chi si lascia avvolgere dalle sue opere”, come afferma Mark Veldhuysen, presidente della M.C. Escher Foundation. Affermazione con cui non si può non essere d’accordo.