Priscilla di Sofia Coppola è il disastro dell’80esima Mostra del Cinema di Venezia.
Si tratta del biopic su Priscilla Presley, moglie di Elvis. I due iniziano a frequentarsi quando lui è già il Re, mentre lei frequenta ancora il primo anno di liceo. La storia è quella di una ragazzina sola che non ha mai messo un piede fuori di casa che viene ingabbiata da un uomo più grande di lei con evidenti problemi di dipendenze e tendente alla manipolazione psicologica.
Per quanto concerne la componente cinematografica, la messa in scena è banale, i due protagonisti vengono abbandonati dalla regista, sono (pseudo) diretti malissimo, non hanno chimica, sembrano essersi appena conosciuti, sebbene dovrebbero interpretare una coppia nell’arco di dieci anni di relazione.
La fotografia è asettica, le scene in notturna sono sottoesposte, non si vede niente a tratti. I costumi sono solo pacchiani, senza motivazione, ma questa non è una novità per la Coppola, basti pensare a Maria Antonietta.
Il feticismo della regista per gli anacronismi non manca neanche stavolta. I diritti sui brani di Elvis non ci sono, ergo per cui vengono montate musiche successive agli anni ’60 in cui è ambientato il film, scelta tanto casuale quanto inefficiente.

Priscilla è uno scempio da un punto di vista etico.
Sofia Coppola passa per autrice femminista da venticinque anni. La sua nomea viene demolita da questo filmaccio. In due ore di film non si parla MAI di Priscilla. Si parla sempre e soltanto della moglie trofeo/oggetto del cantante. Non ha praticamente scene di solitudine, momenti in cui viene raccontato il suo punto di vista, forse perché non ne ha uno, questo è quello che mostra la Coppola almeno.
Elvis è un violento, uno “schizzato” manipolatore. Uno di quelli che ti chiedono scusa l’attimo dopo averti picchiata. Due ore di film in cui vengono mostrati episodi di violenza psicologica, niente più, niente meno. Il loro amore non ha senso, non viene mai palesato il perché degli interessi di Elvis verso una ragazzina così giovane. Lei è solo affascinata dalla pop star che le sta offrendo la possibilità di andar via di casa e vivere un sogno.
Ci si aspetta, per tutta la durata del film, che a un certo punto venga alimentato un conflitto tra i due e che soprattutto vengano prese le difese della vittima di violenza.
Zero assoluto. L’autrice non difende mai la propria eroina, si limita a mostrare lo schifo di un rapporto tossico governato da un orco con gravi problemi affettivi. Priscilla non viene mai liberata dall’oppressione alla quale è vincolata, non vengono mai prese le sue parti.
Il film di Sofia Coppola è atroce, una soporifera elucubrazione di violenze coniugali, con una scrittura che sinceramente sfiora la misoginia. Se valutassimo oggettivamente quello che comunicano le immagini la morale sarebbe questa: maltrattare le donne negli anni ’60 non era poi così male, certo, erano altri tempi. L’importante però è andarsene di casa così da risolvere tutto!